V4-G34/35/36 • Bossi mcali, kazi mzuri
G34_Questa mattina, trasporti eccezionali. Portiamo le statue in cantiere e le mettiamo al loro posto. Secondo me fanno una buona impressione anche se il tourist è di statura lievemente inferiore agli altri. Avendole posizionate, posso spiegare a Gowa come fare il pavimento attorno alle basi. In cantiere oggi c’è davvero un sacco di gente, e musica. Resta anche Silvia guardare i lavori e discutere con me degli allestimenti.
Balele sistema le piastre d’acciaio per delimitare i “portali” di accesso alle cosiddette 1 e 4. Questo dettaglio serve ad avere un taglio netto delle pareti, e a ricondurre i portali ad una forma squadrata visto che le murature Hydraform, così come realizzate, terminavano decisamente fuori piombo. Tanto è il distacco che addirittura ci troviamo di fronte alla situazione in cui i bulloni ad espansione che pensavo di utilizzare risultano troppo corti e bisogna procurarsene di più lunghi. Fortunatamente ne abbiamo di avanzati dalla costruzione del tetto. Come immagino di aver già detto, anche porte e finestre sono delimitate da un telaio in acciaio realizzato a partire da piastre in acciaio. A questo proposito, mi accorgo del danno causato dalla costruzione delle porta, danno che necessariamente si riprodurrà sulle altre. Qualcuna delle sonore martellate assestate da Balele per raddrizzare alcune delle barre saldate ai telai ha prodotto il la rottura dell’intonaco circostante il quale dovrà essere rimosso e ripristinato – il male minore. La verità è che bisognava fare le cose in un altro ordine: prima i muri, telai e porte in acciaio, e solo alla fine l’intonaco. Questo però non è stato possibile a causa dei tempi ristretti, ma non dovrebbe avere conseguenze.
Intanto, procede l’installazione delle luci e la posa in opera della pavimentazione esterna. Mi accorgo di un simpatico dettaglio che caratterizza i mattoni del pavimento: molti sono marcati dalle impronte di animali vari, in gran parte pennuti che non saprei meglio identificare. Il processo produttivo prevede infatti una fase di asciugatura all’aria aperta, e non faccio fatica ad immaginare animali e non solo passeggiare sopra ai blocchi disposti in terra. Trovo persino qualche scritta tracciata con stecche sottili, perché sui mattoni freschi evidentemente si prende appunti. A me queste cose fanno molto piacere; un po’ meno l’esecuzione forse troppo incerta dell’apparecchiatura.
Alla sera, i collaboratori locali di Mazingira e dell’UEMC hanno organizzato una festicciola che si svolge a Mang’ula B per salutare la nostra partenza ormai prossima. Silvia è molto benvoluta da tutti, perché le attività che promuove con l’associazione offre molte possibilità professionali ed ha creato una piccola comunità in cui ognuno ha il suo ruolo. Un piccolo ecosistema sociale, per parafrasare il lessico da naturalisti impegnati nella cooperazione. Quest’anno, prendo un po’ di coccole anche io perché dopo qualche anno di presenza sul posto ho evidentemente assunto qualche ruolo ecosistemico anche io. Seduti sulla lunga tavolata all’aperto illuminata da candele, mangiamo pilau, mcicha, chpsi (insomma, patatine) e fagioli. Praticamente tutti o quasi hanno qualcosa da dire e chi vuol dire qualcosa di carino si alza e coglie l’occasione, con la moderazione di Pima che è bravissimo anche in questo ruolo. Ad un certo punto della serata, Pima ci offre dei regali: un vestito per Silvia ed una camicia per me. Sento invece di essere io a dovergli qualcosa, per l’impegno con cui mi è stato di supporto in ogni momento di questo lavoro. Mi spiace un po’ di essere a fine progetto.
G35_Ultimo giorno a Mang’ula! Quello che ho da dire è bene che lo dica oggi. So fin troppo bene che da lontano sarà difficilissimo gestire le cose, soprattutto quando si tratta di piccolezze legate alle finiture. Gowa mi chiama la mattina presto per andare in cantiere. È un po’ preoccupato di restare senza direzione dei lavori e per questo vuole sfruttare la giornata al massimo. Vorrebbe avere una lista delle lavorazioni residue, cosa che i giorni scorsi ha richiesto anche Balele.
Impiego buona parte della mattinata in un’attività che non so proprio se classificare saggia o ridicola. Io e Gowa trituriamo diverse terre e mattoni e, tenendo traccia delle “dosi” mescoliamo la polvere ottenuta con la vernice bianca per impartirgli una lieve tonalità terrosa. Mentre schiaccio terra con delle pietre come un uomo primitivo, rivivendo in qualche modo le sensazioni legate alle attività di laboratorio per la laurea e per il dottorato, mi sento di pendere più verso il ridicolo. Facciamo comunque delle prove. Il tono mi piace, ma non riusciremo certo con questo metodo ad ottenere la tinta marrone che vorrei applicare alle sole pareti esterne della seminar room e alla colonna d’angolo. Dovrò rimediare in qualche modo, ma oggi proprio non si può. So che non ha senso farsi prendere dal panico per il tempo che scorre, e che le cose qui si possono fare solo pole pole. E quindi cerco di mantenermi su quest’approccio.
Verso le 12:30 torno a piedi verso l’UEMC per il pranzo, ma a metà camminata ricevo il messaggio di Pima: Balele mi aspetta per avere tutte le ultime raccomandazioni possibili finché sono qui. Torno indietro e discuto con lui di come realizzare una serratura per la porta, di come realizzare il bordo perimetrale della seminar room, di come montare i vetri alle finestre e di come fare i supporti con particolare attenzione a quello per la scultura della mangabey. Insomma, un sacco di cose che sarà bene listare al più presto.
All’UEMC, dopo mangiato dedico insieme a Silvia alcune ore ai manuali. Più tardi, passerà Gowa con un regalo per me: una sempre molto pacata maglia con alcune tigri stampigliate sopra, L’ha cucita per me Mama Eva, sua moglie, e trovo che sia stato un pensiero molto gentile. Alla sera, anche se il tempo per fare i bagagli stringe, accettiamo l’invito a cena di Oscar. Ci sono lui, sua moglie e le bambine, i suoceri e alcuni vicini. La piccola Nicoleta ha ormai due anni. Pian piano abbandona la timidezza di fronte ai wazungu e ci sfida a tutti i nascondini possibili. Mi regalano un batik. Sto diventando ricco in Tanzania. Riuscirò a mettere tutte queste cose nel mio zaino? La risposta è sì.
G36_Non c’è molto da dire. Così come ho usato il primo giorno di viaggio solo per dire che ero arrivato, userò questo solo per dire che sono ripartito, concludendo la quarta missione programmata. Samson mi aspetta alle 5 per condurmi a Ruaha a prendere il bus, e poi il solito. Da porta a porta impiegherò 34 ore circa. Spero almeno di dormire in aereo. Anche questa trasferta è stata molto intensa. Il tempo sembra essere volato, anche senza aver avuto nemmeno un giorno di riposo. Anche nelle difficoltà il clima in cantiere è sempre stato amichevole e disteso. Però, mi rendo conto di aver chiesto molto ai fundi di questa comunità rurale che si sono trovati coinvolti in un progetto che inizialmente non riuscivano a comprendere e solo con il tempo e tanta perseveranza hanno iniziato a sentire loro. Mi piace pensare che in questo caso sia stato bene insistere. Bossi mcali, kazi mzuri?