V2 – G9
VIAGGIO 2 – GIORNO 9
Quando la mattina raggiungo il cantiere, gli operai hanno già iniziato a scavare le trincee per le fondazioni a partire dalle impronte fatte col gesso sul terreno a partire dalle line di asse dei muri identificate ieri. Sono circa quindici persone e hanno a disposizione zappe e vanghe. Tutti gli scavi vengono svolti senza macchine perché non c’è una scavatrice nella zona. Io e Tarimo controlliamo che la posizione dell’edificio piccolo (lievemente rotato rispetto all’altra) sia corretta. Lo è.
Nel frattempo, Massimo arriva con la telecamera e tutta la sua strumentazione per iniziare le interviste. Il capo del parco Uruka si presta con entusiasmo, forse troppo entusiasmo. Dopo aver assistito anzi partecipato al siparietto, vado a discutere con Tarimo di alcuni aspetti del budget. Lui dice di essersi messo in contatto con un’impresa che gli sta preparando un preventivo per completare il primo stralcio di lavori che abbiamo previsto, cioè la realizzazione delle fondazioni e del cordolo di base in cemento armato. Pare che i costi siano nel nostro budget, ma aspetto a dirlo. Mi propone alcune modifiche di importanza secondaria, che credo accoglierò. Resta incredibilmente ancora aperta la questione del pavimento. I tanzaniani i mattoni locali proprio non li vogliono, e la constatazione di qualche giorno fa sullo stato di usura di alcuni tratti del camminamento al centre non mi fanno sentire a mio agio nell’insistere. Gli chiedo di aiutarmi a selezionare una pietra con le caratteristiche giuste e quanto più possibile locale, ma mi fanno vedere sui loro smartphones alcune immagini da brivido di pavimentazioni vendute da aziende non proprio dei paraggi.
Fuori, intanto, alcune donne sono venute in cantiere a cucinare per gli operai rendendo tutto persino più folcloristico di quanto non fosse già. Silvia e Massimo invece sono al villaggio a girare l’intervista di Philipo in qualità di rappresentante della comunità locale.
Torno al centro con l’intenzione di essere io oggi a cucinare per gli altri, ma non c’è energia elettrica che mi serve per utilizzare le piastre elettriche. Perdo una mezz’ora nel tentativo di ripristinarla.
Nel pomeriggio, torno in cantiere con Massimo per girare la mia intervista che sostanzialmente mostrerà un individuo col sole negli occhi e le gocce di sudore in fronte solo per il fatto di essere al sole. Invece gli operai hanno continuato a lavorare per tutto il giorno in maniera sbalorditiva. Le trincee su cui si costruiranno i muri di fondazione sono profonde circa 1,20 metri ed il lavoro è impressionante. Stimano di finire di scavare tutto e rimuovere la terra entro tre giorni. Mi pare più che realistico.
Tornato al centre, colgo l’occasione per illustrare a Philipo il foglio di calcolo che ho preparato per la compilazione delle spese, che dovrà tenere aggiornato lui e inviarmi regolarmente. Tutto ok tranne che alcune unità di misura metrico-decimali andranno convertite in altre più rustiche per andare incontro ai venditori: cesti, secchi, camion e via dicendo.