V4-G28/29/30 • Kanga na kitenge
G28_Il commerciante di Morogoro si dimostra disponibile a risolvere la cosa. Ammette di aver confuso i supporti per i neon con quelli per i led. C’è da dire che la confezione è identica, e che i prodotti sono anch’essi identici per dimensione ed attacco della luce. Cambia solo la potenza erogata. Magari dovremmo prendercela con il packaging della Tronic, che comunque distribuisce in Africa dei prodotti tutto sommato niente male? Se la cosa si risolve subito e senza guai, giuro che non me la prendo con nessuno. Vado in cantiere ma oggi non lavora quasi nessuno perché è domenica, se non i ragazzi di Balele che mi avevano promesso di dare la mano di red oxide alla base dei telai di porte e finestre. Balele è a messa.
Per il pranzo siamo invitati a casa di Gowa il muratore. Lui vive nel vicino villaggio di Kishawasawa, nel quale ci addentriamo. Continuo ad essere incuriosito dall’ambiente generato da questi villaggi sorti ai piedi degli Udzungwa. Semplici case in mattone, con tetti in lamiera sorretti da capriate in legno. Spesso incomplete, perché a quanto pare i proprietari si avventurano nella costruzione senza programmare granché: i mattoni costano poco e così si fanno i muri, poi quando si tratta di acquistare il legname per il tetto si arrestano, a volte definitivamente. Si tende a non utilizzare recinzioni e quindi gli spazi esterni non hanno soluzione di continuità, se non per qualche sporadica siepe che contribuisce ad identificare i percorsi. Pollastri vari vagano indisturbati, e mi domando come si faccia a riconoscerne i proprietari. Naturalmente manca ogni pianificazione e quella che chiameremmo urbanizzazione primaria, se non si conta qualche precario collegamento elettrico ottenuto con cavi appesi agli alberi. Il risultato è un luogo del quale non si percepisce l’estensione per via degli alberi che non permettono di vedere lontano. Mi oriento grazie alle montagne che scorgo da un lato, altrimenti forse la sensazione di continuum indistinto sarebbe addirittura accentuata. Però tutto si svolge all’ombra di questi alberi e il contesto mi appare gradevole. Per via della precarietà degli edifici e dell’atmosfera ombreggiata, la mia mente non smette di suggerirmi la paradossale immagine di un villaggio vacanze, come forse ho già avuto occasione di dire. Gowa ci presenta moglie e figli, e ci offre pollo, riso, piselli e frutta varia. Dopodiché mi mostra la casa in costruzione vicino quella attuale, incompleta già da qualche tempo come molte altre nei paraggi. Mi mostra la casa in costruzione, per cui vuole consigli. Nel cantiere, scorgo una porzione di tronco che mi pare adeguata come supporto per gli exhibit; visto che a lui non serve, prendiamo la palla al balzo e lo carichiamo sul cassone del pick-up.
Dopo pranzo, visitiamo il mercato della domenica pomeriggio a Mohaia. Dovrei reperire del tessuto chiaro da far montare dietro alla stuoia di bambù su alcuni pannelli di controsoffitto. Pensiamo inoltre di acquistare dei kanga e farci tappezzare le sedie da mettere nella seminar room. Il nodo dell’arredamento è infatti ormai arrivato al pettine. In coerenza con la strategia generale del VIC, cerco di far produrre quante più cose possibile localmente dagli artigiani locali. Solo le sedie dovranno essere acquistate, perché è necessario che siano sufficientemente leggere e che siano impilabili. Abbiamo in mente alcuni modelli basici ma adeguati allo scopo realizzati con semplici tubolari in ferro, sempre di produzione Tanzaniana. Siamo molto scettici sulle fantasie con cui vengono commerciati. Scoraggiati dai prevedibili imprevisti a cui andremmo incontro se cercassimo di richiederne al produttore 40 rivestite con un tessuto a nostra scelta, cu risolviamo ad acquistarle così come vengono e poi farle tappezzare nuovamente al villaggio. Con l’aiuto di Silvia e del suo Swahili, valutiamo le possibilità, ma non ne siamo soddisfatti. Domani andremo quindi a Ruaha, il cui mercato quotidiano è molto più fornito ed economico.
Prima di sera andiamo a prendere a Sanje la statua in legno raffigurante il mangabey. Non ne siamo convinti del tutto, ma la prendiamo lo stesso. Vorremmo una maggiore politura e che vi venisse applicato un prodotto diverso da quello utilizzato finora, che ha una sgradevole tonalità verdognola. Risolviamo che è meglio che le finiscano tutte e quattro così, e che penseremo poi a come rifinirle ulteriormente. Il tourist è in produzione, per ora solo abbozzata.
G29_Meeting col chief alle 8. Ci andiamo Silvia, Pima, Arafat (coordinatore dell’UEMC) e io, sebbene non tutti i punti all’ordine del giorno mi riguardino direttamente. Da parte mia, ho bisogno di rinnovare la richiesta di ripulire dai rampicanti gli alberi che precludono la vista panoramica della foresta. Già tre volte mi hanno detto di sì senza che nessuno abbia mosso un dito. L’amministrazione del parco è un vero muro di gomma di indolenza.
Già contrariato dalla giornata, mi incazzo con Sahidi che è regredito su posizioni che speravo ingenuamente si fosse lasciato alle spalle. Le tavole per i banchi del mercato che mi aveva promesso “per dopodomani” più di una settimana fa non ci sono, dopodiché lui si era reso irreperibile. Oggi è in cantiere ed adduce scuse ridicole, come non avere i soldi per comprarle – perché non li ha chiesti? – o simili. Racconto questo dettaglio, uno fra i tanti, per dare l’idea della continua pioggia di ritardi assurdi, incomprensibili ed ingiustificabili a cui sto assistendo. Sul piano emotivo inizia ad essere molto faticoso, soprattutto col tempo che stringe. Visto che i telai delle porte sono finalmente pronti, mostro a Balele i dettagli dell’apertura delle porte. Dice che farà fare i tagli delle parti più sottili a macchina domani mattina.
Nel pomeriggio andiamo a Ruaha: tra i kanga in vendita c’è solo l’imbarazzo della scelta per il rivestimento delle sedie. Prima di procedere all’acquisto, però, sarà bene aver reperito le sedie giuste. Alcuni collaboratori dell’UEMC oggi andranno a Morogoro in giornata, e ci porteranno i cataloghi di un fantomatico furniture center dove speriamo ci sia il prodotto che pensiamo noi. In una merceria del mercato troviamo però il tessuto per i pannelli di controsoffitto e tende e lo prendiamo seduta stante. Per me, acquisto un’enorme quantità di kitenge. Qualcuno lo regalerò una volta tornato a casa, ma due o tre sono destinati ad entrare nel mio guardaroba sotto forma di distintissime camicie.
G30_Alla mattina faccio il bucato e poi lavoro ai manuali. Ho appuntamento con Balele alle 11 ma arrivo in ritardo. Poco male perché tanto lui non c’è proprio. La segheria dove avrebbe dovuto fare i pochi tagli entro la prima mattinata sta facendo non meglio identificate manutenzioni proprio oggi. Perderemo il giorno, e ormai me ne restano pochi prima della mia partenza. Sono molto scoraggiato perché quasi tutti i lavori sono fermi. Kyampuku è inoltre senza luci, Gowa senza cemento e pietre. Loro chiedono a me per avere i materiali soffocandomi di incombenze che non sarebbero dovute essere mie, e io mi affido a Pima soffocandolo di incombenze che non sarebbero dovute essere sue. La verità è che manca il supporto tecnico locale che ci era stato garantito, e in alcuni momenti questa assenza risulta particolarmente pesante: durante la costruzione del tetto per via della difficoltà, adesso per via della caotica molteplicità delle operazioni da organizzare.
Nel pomeriggio, spendo il mio tempo lavorando ai manuali che stanno prendendo forma. Silvia ne è contenta, e vedere qualche progresso in qualunque ambito mi fa bene all’umore. Ma a questo scopo ho in serbo ancora di meglio: nel tardo pomeriggio andiamo a visitare le sarte di Mang’ula B. Per ridere io e Pima ci faremo fare la camicia uguale, tratta da un bellissimo kitenge azzurro con decorazioni arancio. Non soddisfatto, ne richiedo altre due tratte da stoffe diverse. Tra qualche giorno sarò pronto a dare sfoggio di tanta misurata eleganza.