V4-G13/14
G13_In cantiere, parlo finalmente con l’elettricista. Ho portato gli schemi da seguire per l’impianto elettrico a pavimento. Gli spiego come voglio che siano predisposte le prese di corrente: non a muro, bensì distanziate da questo di acluni centimetri. Nel caso in cui la presa sia di servizio per un exhibit, gli mostro come vorrei che risultasse nascosta dietro all’exhibit stesso, utilizzando come esempio uno scarto di putrella C120 che avevo messo da parte a questo scopo, uguale a quella che utilizzeremo come supporto per gli schermi.
Già che ci sono, gli spiego l’errore fatto con l’impianto elettrico e le lamiere del solaio di copertura, il cui ideatore e responsabile rimane ignoto. Secondo il mio progetto, che sono certo di aver comunicato esaurientemente a chiunque in tutti i modi possibili sia con disegni che di persona, tutta la distribuzione elettrica doveva passare nello spazio tra solaio e controsoffitto. Questa cosa non stupirà nessuno degli eventuali lettori di questo blog, ne sono sicuro, e non mi dilungherò quindi a spiegarne le ragioni e i vantaggi di tale scelta. Purtroppo la costruzione del solaio di copertura è però avvenuta a febbraio senza la mia supervisione diretta, e in quella fase qualcuno qui ha creduto di interpretare i disegni in modo creativo annegando la distribuzione elettrica nella soletta, sopra la lamiera portante, per poi perforare quest’ultima e pervenire agli interni. Non avendo ricevuto aggiornamenti esaurienti e fotografie che documentassero tutte fase della costruzione dei solai, mi domando a questo punto che cosa abbiano combinato lì sopra.
Un banco del mercato è (quasi) fatto, ma l’esecuzione lascia molto a desiderare. Mancano svariati dettagli necessari alla rigidezza della struttura; utilizzano chiodi invece che bulloni; le due travi sagomate della copertura non hanno l’alloggiamenti per ospitare la sottile stecca superiore necessaria a dare la pendenza al tettuccio; soprattutto, alcune delle delle assi non sono per niente dritte. Sahidi il falegname non c’è mica, anche se mi aveva dato appuntamento per le nove. Chiamo Pima per vedere se riesce a reperirlo, ma salta fuori un bel casino. Ieri sera ci avevano fatto sapere che Sahidi diceva che nei giorni scorsi era morta sua sorella. Oggi al telefono dice di non essere potuto venire per accompagnare sua moglie all’ospedale, ma dopo un giro di chiamate a parenti, vicini e amici Pima mi riferische che questa donna fortunatamente è a casa sua in buona salute. Nutriamo dubbi anche sull’altra storia ma non saprei che dire. Il problema qui è che dopo una serie troppo lunga di kesho per completare il lavoro lui continua a non farsi trovare, e che non siamo certi che abbia acquistato i materiali con i soldi anticipategli a questo scopo.
In mattinata arrivano Marco di Microfinanza, e la sua partner locale Emma di Tarea (Tanzanian Renewable Energies Association). Si occupano della promozione di sistemi fotovoltaici facendo informazione sul tema e mettendo la gente dei villaggi in condizione di acquistarli attraverso programmi di “educazione finanziaria” e microcredito. Ascolto con interesse di queste articolate attività che hanno come cardine la responsabilizzazione dei destinatari e non la donazione. Partecipo alla riunione che fanno con Silvia e Pima in qualità di rappresentanti Mazingira e collaboratori con Nadir di Trento. Valutano la possibilità di unire le forze per strutturare progetti con simili caratterstiche anche in questa zona.
Nel pomeriggio, andiamo a vedere a che punto sono gli scultori per le silhouettes. La prima, di prova, dovrebbe essere pronta. Altro che sagome: questi hanno sculture vere e proprie con tutto il volume. A me piacciono molto, perché quando ho insistito per realizzare le silhouettes sul posto, una sorpresa è proprio quello che volevo. La mia idea è che questo contributo di artigianato locale arricchisca il valore dell’allestimento anche se non controllato da noi, rendendolo comunque più interessante sia agli occhi dei visitatori stranieri che a quelli dei locali. Silvia invece è poco convinta. Forse ha ragione lei, perché ci sono delle criticità oggettive. Innanzitutto hanno sbagliato le dimensioni, che dovevano essere orientativamente a grandezza naturale. Poi un oggetto così tridimensionale renderà più difficile posizionare i monitor, senza contare che sembrerà un peccato perforarle. Infine, avendole loro dotate di una base in legno, dovrò rivedere la soluzione che avevo definito per i supporti a terra e per le prese elettriche, proprio oggi che lo avevo spiegato all’elettricista. Decidiamo di interrompere la produzione di questa statua, e di richiedergliene una più grande, sempre con queste caratteristiche. Vedremo nei prossimi come risolvere per sistemarlo a terra.
G14_Ho chiesto di iniziare il livellamento del terreno attorno all’edificio, per il momento limitandomi all’area sopra al basamento. Si tratta di ripulire dopo il cantiere pesante che si è svolto finora, e predisporre il terreno allo scopo di agevolare il deflusso delle acque verso le due rampe pedonali a valle. Infine, predisporremo la “ghiaia”, usando la solita pietra locale spaccata a mano.
Mi intrattengo con il chief e gli chiedo cosa preferiscano per le aree circostanti: un giardino curato (devono curarlo loro!) oppure un’area più naturaleggiante? Sul “podio”, c’è l’area verde che come minimo deve ospitare erba. Vorrei coinvolgere il Park Ecologist per selezionare anche delle piante locali da sistemarci, magari munite di cartellini esplicativo per i turisti. Il chief coglie nuovamente l’occasione per propormi di pavimentare i percorsi esterni con blocchetti di cemento interlocking: cerco di spiegargli che uno degli intenti di questo progetto è proprio investire in materiali e manodopera locale. Difficile sostenere che una pietra cavata un km più in là non si integri col paesaggio. Stanno iniziando ad accorgersi che i cordoli di cemento sopra e sotto i muri saranno lasciati grezzi. Mi pare però che dopotutto preferiscano lasciarmi fare quasi incuriositi di vedere che cosa ne salterà fuori. Non sanno che la vena btutalista del VIC è forse la cosa che amo di più in questo progetto. Ormai sto consolidando anche l’opinione per cui anche le scolature varie dovute all’incontrollata cialtroneria esecutiva siano tollerabili in questa ottica. Ci si può davvero convincere di tutto.
Abbiamo finalmente due pannelli di prova per il controsoffitto, dei quattro che glie ne avevo chiesti. Proviamo a metterli in posizione ma non c’entrano perché le dimensioni sono sbagliate di un cm. Non glie ne voglio perché il Ovin falegname proprio non riusciva a capire che uso dovessimo farne. Ora anche Pima, che mi ha aiutato a fare le prove, ha le idee più chiare e gli spiegherà meglio, e per questo so già che le cose per il si risolveranno. Sapevo che saremmo dovuti passare da una prova a vuoto persino per questo.